Una recentissima sentenza del Tribunale Treviso, in data 22 Novembre 2021 si è espressa sulla tematica della cessione dei crediti in blocco, nello specifico per ciò che concerne la legittimazione attiva del creditore nei confronti dei debitori ceduti. Nella materia di specie opera l'art. 58 TUB relativamente agli obblighi informativi da parte della Banca e/o creditore procedente nei confronti dei debitori e dei terzi, in mancanza dei quali ne deriva la carenza probatoria della legittimazione attiva del medesimo. È il punto cruciale della decisione presa da suddetto Tribunale; questo accoglieva la doglianza in merito alla carenza di legittimazione attiva, disponendo che: "La pubblicazione nella Gazzetta può costituire, al più, elemento indicativo dell'esistenza materiale di un fatto di cessione, come intervenuto tra due soggetti in un dato momento e relativo — in termini generici, se non proprio promiscui — ad "aziende, rami di azienda, beni e rapporti giuridici individuabili in blocco" (art. 58, comma 1 TUB). Ma di sicuro non dà contezza — in questa sua "minima" struttura informativa — degli specifici e precisi contorni dei crediti che vi sono inclusi ovvero esclusi, né tanto meno consente di compulsare la reale validità ed efficacia dell'operazione materialmente posta in essere" (Cassazione civile sez. I, 28/02/2020, n.5617). Ebbene, qualora il contenuto pubblicato nella Gazzetta indichi, senza lasciare incertezze od ombre di sorta (in relazione, prima di ogni altra cosa, al necessario rispetto del principio di determinatezza dell'oggetto e contenuto contrattuali ex art. 1346 c.c.), sui crediti inclusi/esclusi dall'ambito della cessione - detto contenuto potrebbe anche risultare in concreto idoneo, secondo il "prudente apprezzamento" del giudice del merito, a mostrare la legittimazione attiva del soggetto che assume, quale cessionario, la titolarità di un credito; in caso contrario, è carente la legittimazione attiva in capo al creditore procedente in riferimento alle pretese nei confronti dei debitori. Dunque, non è sufficiente, né idoneo a fondare le proprie pretese, contemplare la cessione di tutti i crediti (per capitale, interessi, anche di mora, accessori, spese, ulteriori danni, indennizzi e quant'altro) che soddisfanoo una serie di criteri piuttosto ampi, ricomprendendo i crediti derivanti da contratti di finanziamento, chirografari ed ipotecari, e sconfinamenti di conto corrente sorti nel periodo compreso tra 1982 e 2016, i cui debitori sono stati classificati "a sofferenza" ai sensi della Circolare della Banca d'Italia n. 272/2008. Il riferimento alla totalità dei crediti va intesa come descrittiva dell'insieme dei crediti (per capitale, spese, interessi, etc.) nascenti dal medesimo contratto, non già nel senso che la cessione avesse ad oggetto i crediti derivanti da tutti i contratti di finanziamento e conto corrente stipulati dalla banca tra il 1982 e il 2016. Né l'onere della prova della ricomprensione del credito vantato nei confronti di un debitore nell'ambito della cessione risulta soddisfatto dalla produzione della dichiarazione del cedente. È su tali motivi che si orienta la recente Giurisprudenza, con la conseguenza che il Giudice può in tali casi ben disporre la sospensione della procedura esecutiva in ragione della mancata prova della legittimazione. È sempre buona premura rivolgersi ai professionisti del settore, in modo da porre rimedio alle pretese non legittime da parte delle Banche e/o qualsiasi ente che si qualifichi come creditore cessionario di crediti in blocco.