Dai reati tributari occorre distinguere i reati fallimentari che conseguono a una dichiarazione di fallimento cui può essere soggetto un imprenditore o una società.
Le norme incriminatrici trovano collocazione nella Legge Fallimentare.
Se per commettere un reato tributario basta rivestire la qualità di contribuente, perché sia addebitata una condotta rientrante tra i reati fallimentari è necessario che il soggetto sia un imprenditore commerciale o una società, oppure uno dei soggetti (l'amministratore o il liquidatore) che rappresentano la società.
Non può essere imputato di un reato fallimentare un libero professionista titolare di partita iva che, invece, potrà commettere un reato tributario.
I principali reati c.d. fallimentari sono i reati di bancarotta, punibili solo quando l'imprenditore venga dichiarato fallito.
In sostanza, la dichiarazione di fallimento costituisce elemento costitutivo di detti reati.
Quindi nello svolgimento dell'attività d'impresa è molto importate evitare situazioni che portino alla distrazione del patrimonio allo scopo di recare pregiudizio ai creditori (è la bancarotta fraudolenta patrimoniale).
Così come occorre evitare i casi in cui si sottraggono, distruggono o falsificano, in tutto o in parte, in modo tale da procurare a sé o ad altri un ingiusto profitto o di recare pregiudizio ai creditori, i libri o le altre scritture contabili o si tengano in modo da non rendere possibile la ricostruzione del patrimonio o del movimento degli affari (bancarotta fraudolenta documentale), oppure ancora si eseguano pagamenti a scopo di favorire taluni creditori rispetto ad altri (è la bancarotta fraudolenta preferenziale).
Tutto questo deve portare l'imprenditore ad avere una situazione patrimoniale costantemente monitorata e quando sussistono situazioni di criticità, come la mancanza di liquidità, è necessario attivare le procedure di risanamento messe a disposizione dal nostro sistema legislativo.